martedì 2 ottobre 2007

Last, but not least (hopefully)

Dopo più di due mesi di assenza, torno sul blog per la ciliegina sulla torta. E' l'ultimo, gente; forse arriverà ancora qualche correzione, ma mai più post nuovi di zecca.

Si potrebbe pensare che l'abbandono del blog incompiuto fosse dovuto alla noia, o perchè non sapessi cos'altro scrivere; in realtà, il motivo è un pizzico più dignitoso - e forse meno interessante. Mi piaceva l'idea di chiudere il blog con una visione più ampia e meno coinvolta delle precedenti; mi ero ripromesso di far trascorrere la mia vita in Italia per tanti mesi quanti ne ho trascorsi in Finlandia, prima di scrivere un ultimo commento sulla mia esperienza; ed eccomi qui, cinque mesi e un giorno dopo il mio ritorno. E allora, a quale conclusione sono arrivato, a cinque mesi di distanza dai miei cinque mesi da studente Erasmus? Non mi piace dilungarmi molto, ma una piccola premessa in questo caso è importante.

Quando cambiamo le nostre abitudini di vita, la nostra dieta, il modo di uscire con gli amici o gli amici stessi, il lavoro, la macchina, la fidanzata/il fidanzato, un oggetto personale come il cellulare o il computer portatile, un capo d'abbigliamento cui siamo molto affezionati, il luogo di villeggiatura, la casa dove viviamo, gli studi, l'ora di alzarsi o una qualunque altra tra le piccole cose che ci caratterizzano e danno unicità come individui, c'è sempre una forma di continuità tra passato e presente, tra ciò che eravamo (o cui eravamo abituati) e ciò che c'è di nuovo nella nostra vita; la nostra mente rende il passaggio abbastanza graduale da essere digerito e somatizzato in modo dolce. In sintesi: il nostro mondo non cambia.

Ma se a cambiare sono non uno, non due ma decine e decine di queste cose messe insieme, la sensazione è quella di essere catapultati in un altro modo, di vivere una dimensione parallela, di essere stati assegnati alla vita di qualcun altro. La nostra mente non è in grado di rendere dolce un cambiamento così radicale e repentino; per difendersi, allora, il nostro cervello crea una specie di dimensione onirica, formata dai sogni, i timori e le aspettative del futuro, con cui tenerci storditi e sornioni per tutto il tempo necessario ad abituarsi alle novità.

E cosa è stato, dunque, il mio soggiorno all'estero? Uno stato onirico creato da mé stesso. Un limbo dell'esperienza; un sogno che la mia mente ha costruito per difendersi da troppi velocissimi cambiamenti ed evitare di impazzire. Non un dolcissimo sogno, non un incubo, ma un semplice sogno. Una parentesi che si è aperta e chiusa con tale rapidità (cinque mesi sono pochissimo quando cambi tutto delle tue abitudini quotidiane) da farti ipotizzare, al tuo ritorno, che in fondo... Potresti aver sognato tutto. E se non avessi foto, video, pezzi di carta a ricordarti che tu, quell'esperienza, l'hai vissuta veramente... saresti ancora lì, sbigottito, sul tuo letto, a girarti e rigirarti chiedendoti: "Ma io, lì, ci sono stato davvero?"
Sì, ci sono stato; sono foto come questa a testimoniarlo. Ed è così che mi voglio ricordare in quella terra tutta natura e ordine: felice.

Molti sogni - forse la maggior parte di essi - non vengono ricordati, di giorno, per il semplice fatto che non c'è nulla a ricordarceli. Ogni tanto vediamo un oggetto, incontriamo una persona, percepiamo un suono e diciamo: "Ehi, ma io questo l'ho sognato! Adesso ricordo". Ma un sogno di cinque mesi non lo dimentichi; e non per le foto, non per i video, ma perchè diventa un pezzo di te. Magari dimenticherai alcuni amici, alcuni luoghi, alcuni eventi, ma senti che qualcosa ti è rimasta dentro; qualcosa che, dopo averti sradicato dalla tua vita, fatto assaggiare il mondo e ributtato indietro nella routine, ti aiuta a delineare meglio la tua identità, la tua terra, i tuoi cari. Ecco, questa è stata la paradossale conquista: ciò che già mi sembrava di avere, come per magia, adesso ha preso forma, mi prende per mano e mi dice: "Ben tornato, Eugenio".

Pensiero del giorno: "È sogno ciò che chiamiamo vita, o viceversa?" [Shakespeare?]

Canzone ascoltata: Giovanni Allevi, Back to life